lunedì 18 gennaio 2010

IN ATTESA DEI CROISSANT


Molti si sono affannati, e si affanneranno, a dirci che “la nuttate ha passate”, ma non è così. La crisi morde ancora e per molti inizia ora a mordere più forte, anche se la fase più acuta forse è superata e si vede una certa stabilizzazione dal punto di vista finanziario, la disoccupazione aumenta e purtroppo è destinata a crescere e noi nel mondo reale ce ne rendiamo conto, perché ci tocca in prima persona.
Tra qualche mese la crisi sociale aumenterà irrimediabilmente, quando per molte imprese finirà la cassa integrazione e dal Governo Nazionale e Regionale quale è la risposta che viene? Quale è la loro strategia per affrontarla?
A differenza di quanto succede ed è successo in altri paesi europei, governati da coalizioni analoghe, il Governo Berlusconi ha agito sostenendo solo il sistema finanziario ed industriale, rinunciando a priori ad un necessario intervento a sostegno del reddito, senza considerare e prevedere niente per contenere la disoccupazione ed i licenziamenti. Il mancato sostegno ai redditi ha portato ad un abbassamento del potere d’acquisto e ad una ulteriore contrazione dei consumi, alimentando un circolo vizioso che ha ancora di più compromesso le capacità di ripresa della produzione. Per tali considerazioni non necessita essere dei fini economisti, eppure le strade prese in considerazione sono state, come detto, altre. Ad aggravare ulteriormente le cose si è inoltre dato il via alla politica di tagli alla sanità, all’assistenza, alla scuola e alle istituzioni locali danneggiando ancora di più le fasce già colpite dalla crisi, eliminando anche alcuni “ammortizzatori” locali ancora in piedi. Dietro alle scelte fatte, quasi mai avversate, anche nelle Regioni di centro-destra si è proseguito su quel sentiero. Si vede chiaro, analizzando il quadro complessivo, che c’è da parte del centro-destra l’intento di usare la crisi per eliminare gli elementi ed i corpi sociali esistenti tra Governo e cittadini, per accentuare la polverizzazione della società ed acuire l’isolamento dei singoli individui. Si vuole aumentare, nella percezione comune, il vedere quelli che sono DIRITTI come concessioni di un suddito magnanimo, in una elemosina. La volontà neanche tanto velata di trasformare i cittadini sempre più in sudditi, tanto che a volte i rappresentanti della destra sociale sono costretti a borbottare, per poi, incassata la contro parte, tornare subito ad allinearsi dietro al capo.
Per questo danno fastidio i movimenti come “il popolo viola” o le iniziative di resistenza sociale nelle fabbriche, i comitati che si oppongono agli insulti al territorio secondo la vecchia logica del “cemento e asfalto” e gli enti locali che escono da tale logica e sperimentano, tra mille difficoltà, percorsi diversi per raggiungere livelli di benessere durevole, cambiare il modo di produrre energia e beni di consumo, per accogliere il diverso, aiutare il bisognoso, creare nuovi rapporti sociali, tornando a fare Politica.
E’ in atto un vero e proprio attacco al sistema istituzionale del nostro Paese per cambiarne funzioni e finalità. Cambiare la Costituzione non è un sacrilegio ed è previsto dalla Carta stessa, ma i cambiamenti devono rispondere e corrispondere ad interessi generali e non ne possono stravolgere lo spirito. Asservire il potere giudiziario ed il Parlamento al potere esecutivo ipotizzando inoltre un rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio dei Ministri sottraendo funzioni al Presidente della Repubblica non è adeguare la Costituzione ai nostri tempi, vuol dire stravolgerla.
La giustizia non sembra in questo momento la priorità della nostra Nazione. Sebbene esistano elementi da migliorare e ripensare non sono quelle proposte le soluzioni. Si avverte invece in esse il fastidio del manovratore che non vuole essere disturbato.
In questo senso anche le provocazioni per dividere i sindacati, l’accelerazione verso il bipartitismo (sognato ahimè anche dal PD), la riforma della scuola e dell’Università e l’attacco per colpire gli enti locali (singolare visto che si vorrebbe il federalismo) tramite la riduzione dell’autonomia di spesa, la riduzione del numero dei consiglieri comunali e le scelte calate dall’alto, come in campo energetico le centrali nucleari (vedi Termoli) o l’estrazione degli idrocarburi (la piattaforma Ombrina Mare a San Vito o il Centro Oli di Ortona) e per liberalizzare/privatizzare l’acqua.
In questa situazione bisogna attivarsi con forza per tornare a fare Politica, anche se non è facile, abbiamo ancora un’arma, oltre al voto, il Referendum.
Per dire No alla privatizzazione dell’Acqua, No al Nucleare, No alla Legge 30 ed al precariato, No al Cambiamento della Costituzione. Per dire Si alla Gestione pubblica efficiente dei beni comuni a partire dall’acqua, per dire Si alle Energie Rinnovabili, a partire dal Solare, per dire Si al lavoro a tempo indeterminato come diritto (come sancisce la Costituzione all’art.1), per dire Si alla partecipazione dei Cittadini al Governo del Territorio per una maggiore autonomia senza tornare al Medio Evo dei feudatari e dei sudditi. I croissant non li vogliamo, pane e lavoro, pane e tulipani, pane e democrazia per l’autogoverno dei territori. [baffo]

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